Un aspetto che mi ha sempre terrorizzato è quello della gestione sanitaria della capretteria.
Un concetto che mi ha condizionato a vita lo appresi molti anni fa quando, in merito alla gestione sanitaria della capretteria, lessi su un testo diventato fondamentale per la mia professione poche righe ma significative. Diceva più o meno questo: la mortalità considerata “fisiologica” in capretteria deve essere inferiore al 2% escluso i capretti nati morti. Noi siamo ben lontani da questi numeri! Ho cercato allora di darmi delle risposte. La prima che ho pensato è che la mortalità non è mai fisiologica, ma ho capito che bisognava staccarsi dal concetto puramente medico e pensare ad un concetto di tipo zootecnico. Questo ha cambiato radicalmente il mio modo di vedere la medicina veterinaria calata nell’allevamento ovi-caprino. Ho iniziato allora a considerare la capretteria come un sistema integrato che inizia dalle capre in asciutta e, sembrerà strano, ma il capretto è l’ultima cosa da considerare. Così facendo, ho provato di persona che stare sotto al 2% di mortalità non è un obiettivo irraggiungibile.
Vediamo come si può fare.
Prima di tutto occorre ricordare che la capra è un ruminante ed ha un comportamento alimentare di tipo marcatamente selettivo. Questo vuol dire che la digestione avviene tramite l’ausilio della flora microbica contenuta nei prestomci che permette la digestione degli alimenti ed anche della fibra altrimenti impossibile da degradare.
Cosa diversa invece per i capretti che dalla nascita e per i primi giorni di vita si comportano come i monogastrici avendo i prestomaci ancora non sviluppati.
Lo sviluppo dei prestomaci è una operazione che avviene gradualmente fino a considerarsi completata al momento dello svezzamento.
Qui il primo cambio di prospettiva: alla capretta occorre somministrare i tipici alimenti da “ruminanti” ovvero foraggi e concentrati ed in più il latte. Quindi il latte deve entrare in un sistema integrato di razionamento con gli alimenti che poi la accompagneranno per il resto della sua vita.
Per semplicità possiamo dividere il periodo pre-svezzamento in due fasi il primo mese dove l’importanza tra il latte e gli alimenti solidi è equamente distribuita ed il secondo mese di vita dove l’importanza tra il latte e gli alimenti solidi è decisamente a favore di questi ultimi.
La situazione si complica ulteriormente perché, diversamente dalle caprette, in allevamento ci sono anche i maschi che andranno gestiti in modo diametralmente opposto dalle femmine. In questo caso la gestione alimentare sarà quasi esclusivamente basata sul latte per massimizzare il rapido sviluppo.
In conclusione non possiamo dimenticarci un altro importante alimento che è l’acqua, spesso scarsamente considerata in questa fase ma di fondamentale importanza. L’assunzione alimentare è direttamente proporzionale alla assunzione di acqua. La capretta in pre-svezzamento preferisce accompagnare gli alimenti solidi con acqua. Se questa manca o poco distribuita o resa imbevibile perché sporca, obbliga caprette a dissetarsi con il latte e di conseguenza ridurre l’assunzione degli alimenti solidi. Entrambe queste condizioni non sono assolutamente desiderabili e, se perpetuate, possono diventare molto pericolose.
Tutto questo per dire che spesso, quando insorgono problemi in capretteria, si colpevolizza il latte mentre invece occorre considerare altri aspetti che probabilmente hanno un peso superiore.
Veniamo agli aspetti pratici:
Non entro nel merito della scelta del tipo di latte in polvere e nemmeno del tipo di mangime da utilizzare ma lo scopo di questo articolo è quello di chiarirsi le idee su aspetti un po’ meno conosciuti.
Spazi e lettiera:
per la gestione dei capretti nei primi giorni di vita si rimanda al post specifico. In capretteria bisogna garantire 0,25m2 per capo. La lettiera deve essere di circa 10cm di altezza personalmente la consiglio anche su pavimento grigliato drenante, va rigenerata quotidianamente e sostituita non oltre i 7 giorni. Cercare di settorializzare la capretteria per avere box al massimo di 50 capi, questo ci permetterà di suddividere i capi in base al peso per uniformare i gruppi.
Ogni tettarella serve 10-15 capretti al massimo. Vanno aumentate se il latte viene somministrato con i secchi.
Lo spazio in mangiatoia deve essere di 0,25m lineari per capretta. Mentre nei primi giorni di vita possiamo ridurre questi spazi poi risulta categorico rispettarli. L’altezza delle tettarelle deve essere modulabile al fine di garantire sempre una suzione in posizione elevata. Le tettarelle dovrebbero essere applicate al di fuori del perimetro del box per evitare che il latte refluo cada in lettiera.
Confort ambientale:
Per quanto riguarda la temperatura, non è corretto parlare di temperatura ideale se non viene valutata assieme all’umidità. Considero quest’ultimo parametro sicuramente più importante da tenere sotto controllo. Elevata umidità relativa (>80%) indipendentemente dalla temperatura, può risultare già un fattore di rischio sanitario per la capretteria.
La presenza di gas ammoniacali deve essere sempre evitata. È buona cosa considerare che la nostra percezione della presenza/assenza di gas spesso non coincide con quella delle caprette che respirano a pochi cm dalla lettiera.
Il ricambio d’aria pertanto risulta fondamentale per ridurre sia l’umidità sia i gas ammoniacali in ambiente. È sufficiente progettare la capretteria con finestre e camini adeguati. È possibile inoltre applicare degli estrattori qualora non fosse sufficiente la areazione passiva.
Il controllo della temperatura risulta semplice quando serve scaldare l’ambiente mentre risulta più complesso quando, nei periodi caldi, occorre rinfrescare l’ambiente. Per questo scopo spesso si usano ventole ma ancor meglio deumidificatori per grandi ambienti. La semplice riduzione dell’umidità ambientale è spesso sufficiente per creare un ambiente più confortevole.
Bisogna ricordare che le caprette sono l’investimento per il futuro dell’azienda per cui occorre considerare tutti gli aspetti a 360°. In conclusione, il messaggio che bisogna portarsi a casa è quello di considerare le caprette appunto come un sistema integrato con il loro ambiente. Tutto funziona solo quando tutto il sistema è sincronizzato alla perfezione.